Mai sentito parlare del panesiglio? Se la risposta è no, niente paura. Non siete certo i soli! Se la grande tradizione gastronomica di Napoli è certamente un vanto per la Campania, il rovescio della medaglia è presto servito. Capita spesso, infatti, che squisitissime ricette, tipiche – almeno ai nostri giorni – di aree geograficamente marginali della regione, vengano oscurate dalla fama della pastiera, del babbà o della sfogliatella…
Una tradizione locale ma buona per tutti
È questo il caso del panesiglio, riconosciuto prodotto tradizionale campano (più precisamente, di Ponte, in provincia di Benevento) dal Ministero delle Politiche Agricole. Si tratta di un dolce che richiede lunghi tempi di preparazione. Il risultato è una torta morbida e compatta, arricchita con frutta candita e con una copertura di cioccolato o di glassa profumata agli agrumi. Il periodo preferito per consumare il panesiglio è quello natalizio, durante il quale esso diventa anche graditissimo dono tra famiglie.
Le fonti napoletane suggeriscono che la parola panesiglio era usata per indicare, semplicemente, un panino. La prima ricetta dei panesigli si trova in un’opera intitolata Lo scalco alla moderna, pubblicata alla fine del Seicento. Gli ingredienti principali erano allora farina, uova, burro e latte ma già nel 1722 il napoletano Francesco Oliva parla di panesiglie co zuccaro mpastate (“panesigli impastati con zucchero”).
L’ipotesi secondo cui la parola panesiglio derivi dal latino PANIS ILLE (letteralmente, “quel pane”, per indicare un tipo di pane specifico) è improbabile. È più plausibile che il termine sia giunto a Napoli e nel resto della Campania nel corso della dominazione spagnola. In Spagna, infatti, il sostantivo panecillo, pronunciato all’incirca panesiglio, era ed è tutt’ora utilizzato per indicare un panino di dimensioni ridotte, particolarmente adatto alla prima colazione. A Napoli il termine non si utilizza più per indicare una forma di pane, ma è sopravvissuto con il significato metaforico di ‘schiaffo’, testimoniato dalle opere teatrali di alcuni grandi autori napoletani, come Pasquale Altavilla e Eduardo De Filippo.
Ma come mai, dal significato di ‘panino’ si è arrivati ad indicare, con la stessa parola, una torta? Per rispondere a questa domanda, è sufficiente fare riferimento alla modalità di preparazione del dolce. Dopo aver realizzato l’impasto per la base, è necessario staccare da esso tanti piccoli pezzetti, simili proprio a piccoli panini. Questi, una volta sistemati gli uni accanto agli altri in una teglia, sono lasciati a lievitare a lungo. Il processo è molto simile a quello della preparazione del più famoso danubio, ma versioni più rapide della ricetta del panesiglio saltano il passaggio della suddivisione in panetti, realizzando, con l’impasto, un’unica base morbida.
Qua e là per la Campania è ancora possibile trovare il panesiglio, che sembra avere come luogo d’elezione la provincia di Benevento. Curiosi di provare questo nutriente dolce dell’antica tradizione campana? Allora non vi resta che munirvi di cappotti e scarponcini per affrontare il rigido inverno sannita. Le bellezza dei borghi incastonati nella natura e la dolcezza equilibrata del panesiglio vi ripagheranno di tutti gli sforzi!