Il Lacryma Christi, o più precisamente Lacryma Christi del Vesuvio, è uno dei più noti e apprezzati vini della Campania. Rosso, bianco, rosato, spumante e persino liquoroso, è un vino estremamente versatile, adatto, nelle sue numerose varianti, a molte esigenze e abbinamenti. Il caleidoscopico ventaglio di aromi che caratterizza il Lacryma Christi è il risultato dell’utilizzo di uve appartenenti a più vitigni: dalla Verdeca al Greco per le varianti bianche, dal Piedirosso all’Aglianico per quelle rosse.
Il nettare del Vesuvio
Dal 1983 questo vino gode del riconoscimento della Denominazione di origine controllata (DOC) “Vesuvio”, che prevede che le uve destinate alla sua produzione provengano da un’area della regione coincidente, grosso modo, con la provincia di Napoli. I terreni di natura vulcanica e ricchi di potassio, infatti, sono considerati quelli più indicati per garantire le caratteristiche del Lacryma Christi.
In area napoletana, la qualità e il valore di questo vino sono celebrati almeno dai primi decenni del Seicento. Ad esempio, il poeta Giulio Cesare Cortese descrive con nostalgia una favolosa età dell’oro durante la quale uno sciummo scorrea grieco de Somma,n’autro portava lagrema o guarnaccia (“in un fiume scorreva greco di Somma, un altro portava lacrima o vernaccia”).
Questo vino era ed è tutt’oggi molto amato dai locali (e non solo!) che, nel corso del tempo, hanno cercato di dare una spiegazione al misterioso nome utilizzato per indicarlo. Molte leggende, infatti, si condensano intorno alla denominazione “Lacryma Christi”. Secondo alcuni, quando Lucifero precipitò sulla terra, trascinò con sé, nella caduta, un pezzo di paradiso che cadde sul golfo di Napoli. Cristo, riconoscendo in questo bellissimo pezzo di terra il paradiso strappato, pianse, e le sue lacrime si trasformarono nei vitigni con cui si produce questo vino. Numerose leggende hanno poi come protagonista un eremita al quale Cristo stesso avrebbe trasformato un’orrida bevanda in squisitissimo vino, in modi diversi in base alle versioni.
Al di là di questi suggestivi racconti, importanti perché dimostrano quanto stimato sia questo vino e in quanto espressione di un immaginario popolare, la storia linguistica può aiutare ad avere informazioni più attendibili su questa affascinante denominazione. Pare, infatti, che almeno dal Cinquecento con il termine lacrima (dal latino LACRIMA), si intendesse un particolare sistema di pigiatura degli acini che prevedeva il contatto tra buccia e polpa durante il quale si lasciava lacrimare il mosto. Presto si iniziò ad utilizzare la parola lacrima non solo per il procedimento, ma anche per il prodotto della spremitura. Naturalmente, questo sistema era in uso anche in altre zone d’Italia, ma pare che le uve campane, per motivi climatici, fossero particolarmente adatte a questo procedimento. Solo dal Settecento, il termine lacrima iniziò ad essere usato per indicare vitigni di altre regioni italiane.
A cosa si deve, invece, l’aggiunta Christi alla denominazione del vino? Beh, probabilmente il motivo va ricercato nella volontà di sottolineare il pregio di questo prodotto, degno, per la sua prelibatezza, di essere paragonato addirittura alle lacrime di Cristo… Si trattava, in effetti, di un vino di grande valore, anche economico, cosa di cui erano ben consapevoli produttori e consumatori. Ai nostri giorni, il Lacryma Christi è – fortunatamente! – un vino decisamente più accessibile: non resta che mettersi a tavola e gustarne tutte le innumerevoli sfumature.