Tra i dolci da colazione che si possono trovare sui banconi dei bar di Napoli, un posto d’onore è certamente riservato alla graffa. Chi, infatti, non conosce o non ha mai provato questa morbidissima ciambella ricoperta di zucchero semolato? Fritta, spesso a base di patate, è forse una delle colazioni più sostanziose (e caloriche!) che si possano provare.
Una questione di forma
La loro forma e il loro nome possono variare. Talvolta la graffa viene chiamata zeppola, denominazione che si trova ancora anche a Napoli. Gli ingredienti sono quasi sempre gli stessi, ma la forma può essere quella di una ciambella o quella di un uncino dalle estremità sovrapposte. Nella letteratura napoletana antica e moderna mancano tracce di questa preparazione e questo impedisce di stabilire con precisione quando s’iniziò ad usare il termine graffa.
È opinione diffusa che la parola napoletana graffa derivi dal tedesco krapfen a sua volta derivante dal longobardo *krapfo, che significa ‘uncino’. La parola tedesca è utilizzata per definire quel dolce che a Roma e nelle aree limitrofe viene chiamato bombolone o bomba. Da krapfen, grazie soprattutto a due fenomeni fonetici come il passaggio da kr- a gr- e il passaggio da pf a ff, si sarebbe ottenuto il napoletano graffa. La sostituzione di –en con –a è invece dovuta al fatto che la pronuncia tedesca della desinenza –en può risultare, in effetti, molto simile ad a.
L’ipotesi di una derivazione tedesca del termine napoletano potrebbe far sorgere alcune domande, alle quali non è semplice rispondere. Ad esempio, perché il passaggio da gr- a kr- si realizza per graffa ma non per crocchè, dal francese croquette? E ancora, se altrove la stessa pietanza tedesca è definita in svariati modi, perché a Napoli si sarebbe deciso di usare krapfen, da cui graffa, per definire un dolce completamente diverso per forma e per ingredienti? E infine, quando sarebbe entrata, in napoletano, la parola tedesca? A quest’ultima domanda, molti rispondono che essa sarebbe giunta a Napoli nel periodo della brevissima dominazione austriaca. Di questo dato non esiste conferma nei vocabolari dialettali composti dopo la fine della dominazione. La mancanza della parola nei vocabolari, tuttavia, non è sempre indizio di una sua effettiva assenza sulla bocca dei parlanti. Talvolta è necessario un lungo periodo perché le parole vengano riconosciute e accolte all’interno dei dizionari.
Insomma, benché la graffa, con la sua consistenza morbida e corposa, sia una dolcissima realtà, sulla sua origine e sull’origine del termine usato per designarla aleggia ancora un certo mistero. Quel che è certo è che il cammino verso il successo della graffa sembra inarrestabile: qua e là, in città, sorgono locali dedicati a questa delizia, di cui si propongono sempre nuove varianti. Non resta che sceglierne una e gustarla, lentamente, accanto a un buon caffè… e la colazione è servita!